Michele D'Alterio Non qui, non ora
Libreria Guida Capua dal 23 dicembre al 15 gennaio 2006
GIORGIO AGNISOLA
Riallacciandomi all'intervento molto pertinente di Marco, devo dire che in effetti è proprio così. Questa è un'arte in cui c'è una bivalenza molto forte, qualche volta anche molto stridente, tra questa dimensione di equilibrio, di ricerca di una razionalità, di dare un ordine alla propria esistenza e dall'altra di questa matericità così ridente, così forte.
In senso più psicologico evocherei l'immagine della feritoia; questa è una cosa interessante che forse potrebbe essere utile anche per spiegare degli ulteriori passaggi. Proprio questa preponderanza della verticalità sull'orizzontalità da' l'idea di un mondo traguardato da una feritoia... si pensi proprio alla classica immagine medioevale... sicché (ed è questo il passaggio delicato ed interessante) la feritoia fa subito pensare ad una contrapposizione tra ciò che si vede e colui che guarda. Colui che guarda è al di qua della feritoia, ciò che si vede è al di là di essa, evidentemente. E che cos'è questo aldilà? Questo aldilà è il proprio mondo interiore, cioè una sorta quasi di traguardare del visto al di là di questo spazio chiuso, contenuto, nel quale però si riconosce, del quale si riconosce una appartenenza, in qualche modo.
Attraverso la feritoia si guarda la vita, la propria vita, la propria coscienza, il proprio mondo psicologico, con tutte le sue difficoltà, con tutti i suoi problemi, con tutte le sue rugosità e i suoi spazi immaginari e reali.
Queste visioni, come poi in tutta l'arte astratta in senso generale, sono sempre dei paesaggi interiori, sono sempre dei paesaggi dell'anima, sono sempre dei paesaggi, appunto, dell'invisibile che diventa visibile, e dunque questo traguardare da questa feritoia questo mondo che c'è oltre, questo mondo magmatico ma anche in qualche modo inquietante che ricorda spazi siderali... (dicevo recentemente, mentre mi trovavo nello studio di Michele, mi danno un'idea proprio di una Odissea nello spazio, di una dimensione lunare, di una dimensione cosmica) fanno capire in che modo esiste questa corrispondenza tra l'Io e l'Io che si rivela, che si vede.
Tutto questo viene poi capovolto in qualche modo nell'opera a cui faceva riferimento Marco: Ragione e sentimento, laddove sembra che improvvisamente questa distanza fra questo mondo traguardato attraverso la feritoia e il mondo di colui che osserva non esiste più, e singolarmente quest'opera non è più un paesaggio, non ha la forma di una qualche riconoscibilità di un mondo esterno che si vede ma è quasi una sintesi visiva, diventa in qualche modo pura astrazione. Laddove esiste, come diceva Marco, ancora questa contrapposizione tra una parte più razionale e più spirituale e una parte più emotiva, una parte più materica appunto, più legata alla sensitività, ma tutto questo non ha più una distanza orizzontale ma diventa un'unica composizione... c'è come un accordo, come se rasserenato l'ambiente, rasserenata la nostra capacità di percepire, noi tendiamo ad una sintesi, e questo spiega tra l'altro tantissima arte astratta anche in questa chiave, cioè come soluzione di sintesi di un processo spesso biunivoco, bivalente, contrapposto, contraddittorio, che poi si riassume in forme che sono una sintesi che è nella persona ma è anche al di là della persona, cioè simbolo un po' per tutti.
In questi passaggi ci sono una serie di compresenze: c'è per esempio l'aspetto materico, che è estremamente interessante... questo materiale utilizzato... carta argentata, la plastica... sembrano più sculture che pitture, da un certo punto di vista. C'è questo elemento materico che serve in alcuni lavori per coprire, ma in altri per diventare anche un rilievo, per dialogare fittamente con l'osservatore.
Spesso viene fatta la distinzione fra pittura e scultura... la pittura è un oggetto, la scultura ci invade... noi apparteniamo allo spazio della scultura, e la scultura diventa dialogante con noi non come oggetto distante da chiudere, da conchiudere in uno sguardo, ma come oggetto che interessa anche la nostra percezione tattile, sensitiva, quindi diventa effettivamente come spazio che ci avvolge.
Spesso è interessante notare come la scultura può avere anche una finitezza, può essere un oggetto finito, ma in realtà non è mai così, perché siamo noi che lo viviamo finito... la scultura spesso ci invade nel vero senso della parola, noi ci giriamo intorno ma è la scultura che gira intorno a noi.
Quindi, questo elemento materico che rende l'immagine al tempo stesso pittura e scultura, l'uso di materiali diversi, come ad esempio il plexiglas di "It's raining", quasi a voler creare una sorta di scenografia, o degli ambienti, mi sembrano estremamente interessanti.
Inoltre, trovo interessante l'alternarsi di colori che sono quasi sempre calibrati come due opposti e che danno il senso del risalto profondo che l'artista vuole dare al segno, al segno che incide o al segno che rileva.